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Energia e luce: Campinoti fa business in sella alla MotoGP
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Un ponte sul fiume Senegal. Una miniera nel deserto cileno di Atacama. Una diga etiope. Lo spettacolo in notturna della Formula Uno e della MotoGP: le gare in Singapore, Abu Dhabi, Qatar. Non si finisce mai di girare e girare il mappamondo Pramac, un’azienda con mezzo secolo di ingegno e spirito d’avventura, che si è andata trasformando negli anni, passando dall’essere un fabbricante di macchinari da costruzione a diventare parte del terzo gruppo al mondo nella produzione di generatori.
«Soprattutto forniamo energia – spiega Paolo Campinoti - E di questi tempi, il back up energetico è indispensabile. Un gruppo elettrogeno ha diverse funzionalità. Può servire da prime power, cioè genera energia dove non c’è: zone remote o colpite da gravi accadimenti (guerre, terremoti), paesi sottosviluppati. O in eventi in cui serva un surplus. Oppure da stand by, nel caso di emergenza: ospedali, aziende. Ma naturalmente anche una casa privata».
Mentre in passato poteva essere un’opzione, adesso è una necessità.Lo scorso anno Pramac ha firmato un accordo con gli statunitensi di Generac, leader di mercato nel Nord America nella produzione di apparecchiature per la generazione di energia e di altri prodotti a motore. «Il più grosso produttore al mondo di gruppi elettronici a gas. Loro restano focalizzati sul mercato americano (Usa, Messico e Canada) mentre noi siamo diventati il braccio e lo sviluppo internazionale per il resto del mondo». (..) «La nostra energia arriva da motori diesel e benzina, ma il gas (di Generac) è molto più pulito ed economico. Stiamo lavorando molto su altri carburanti con etanolo e biodiesel. Abbiamo anche lanciato diverse macchine ibride – batteria e diesel – per ridurre ulteriormente i consumi, e le stiamo impiegando in due progetti di elettrificazione in Somalia e Sudan », afferma Paolo Campinoti.
Ma Pramac non è solo generatori ed è un nome noto anche nell’ambito sportivo, essendo protagonista nel campionato di MotoGP dal lontano 2002.
Leggi in italiano l’intervista completa di Massimo Calandri, cliccando qui